lunedì 17 dicembre 2007

Le benevole - Corrente

La terza parte del libro vede il nostro antieroe a Stalingrado, sul fronte di guerra più terribile. Qui l’armata tedesca comandata da Von Paulus si è impantanata in un conflitto urbano reso ancora più difficile dal gelo che attanaglia la città. In un’atmosfera surreale, dominata dal fetore della morte, Aue deve effettuare dei resoconti burocratici sul morale delle truppe. In realtà la fame, la sporcizia e la violenza prendono presto il sopravvento e l’ufficiale si trova a vagare come uno spettro tra le strade diroccate e i palazzi sventrati dall’artiglieria, testimone inane di un degrado inarrestabile.

In questa parte del romanzo Littel s’ispira principalmente al romanzo Vita e destino di Vassilij Grossman. Quest’ultimo, infatti, partecipò come volontario dell’Armata Rossa alla Battaglia di Stalingrado, un’esperienza traumatica narrata poi nel suo capolavoro. La citazione dell’opera del dissidente russo è evidente nell’esemplificativa scena in cui Aue interroga un ufficiale russo appena catturato e che di lì a poco sarà mandato davanti al plotone di esecuzione. Dal confronto tra i due ufficiali, entrambi uomini di cultura disincantanti e intelligenti, emerge la contrapposizione di due paesi dominati dal totalitarismo che costringono alla lotta i loro popoli. Ciascuno di loro è convinto di essere nel giusto ma in realtà entrambi si scannano per delle ideologie illusorie.
Nell’ultima parte del capitolo Aue, in preda alla dissenteria e ai morsi della fame, ormai allucinato, s’avventura a piedi sul Volga ghiacciato quando viene ferito alla testa da un cecchino.

venerdì 14 dicembre 2007

Grotesque - Anteprima

Natsuo Kirino
Neri Pozza, 2008
pagine 512, euro 18,00
Traduzione dal giapponese di Gianluca Coci

Segnaliamo oggi la prossima uscita del nuovo romanzo dell’autrice di Le quattro casalinghe di Tokyo, la piú grande scrittrice giapponese di noir, la piú venduta su Amazon.com, una delle voci piú originali della narrativa contemporanea internazionale.
Due prostitute di Tokyo, Yuriko e Kazue, sono state uccise in modo feroce, e la loro morte ha lasciato una serie di domande senza risposta, un mistero che va oltre la necessità di scoprire il loro assassino. Chi erano queste due giovani donne, quali eventi hanno condotto la loro vita verso un destino cosí tremendo, dove si annida l’enigma di una perdizione che nulla sembra poter arrestare…
La sorella maggiore di Yuriko racconta parte della storia tornando indietro nel tempo, quando le due ragazze uccise erano studentesse di una scuola prestigiosa dominata da una rigida gerarchia sociale. Una è figlia di madre giapponese e di padre svizzero, dotata di una bellezza quasi sovrannaturale che le rende tutto facile, l’altra deve invece lottare per ogni risultato, forte di una caparbia determinazione, mai del tutto consapevole della propria costante impopolarità. Nel corso degli anni le loro esistenze si scontrano con le convenzioni sociali, perché entrambe scoprono che per essere davvero libere dovranno trasformarsi in donne «grottesche», mostri di perversione ed eccessi, di irriducibile quanto tragica volontà di indipendenza. Entrambe, per motivi diversi, sceglieranno di diventare prostitute, fino a ricongiungersi in una morte drammatica e inaspettata. A questo racconto si aggiunge quello di un contadino cinese immigrato in Giappone, cresciuto con la famiglia in condizioni di estrema povertà, che viene accusato degli omicidi. Ammetterà di aver commesso il primo, di aver ucciso la bellissima Yuriko, ma non è stato l’artefice del secondo, seppure le due violenze siano cosí simili, le coincidenze cosí schiaccianti…
Un’esplorazione senza freni degli abissi del sesso e dell’ambizione, uno spaccato del Giappone piú oscuro e eccessivo, un’analisi scrupolosa e crudele della psiche femminile, Grotesque è il romanzo piú ambizioso e riuscito di Natsuo Kirino, nata nel 1951 a Kanazawa, un’antica città del Giappone centrale. Nel 199 la scrittrice si è aggiudicata il premio Edogawa Ranpo con il romanzo Pioggia sul viso. Con Le quattro casalinghe di Tokyo (Neri Pozza 2003) ha raggiunto il successo internazionale e ha vinto il prestigioso premio dell’Associazione giapponese degli autori di romanzi polizieschi. Morbide guance (Neri Pozza 2004) ha vinto in Giappone il premio Naoki.

Alcune recensioni della stampa internazionale

«Natsuo Kirino si conferma tra quegli scrittori giapponesi d’elite che stanno trasformando il romanzo contemporaneo. Banana Yoshimoto e Haruki Murakami hanno aperto la strada (…), in Grotesque Kirino continua a tracciare il proprio territorio: gli estremi della psiche umana che si affacciano sull’orrore».
The Washington Post

«Grotesque è piú di un romanzo poliziesco, è uno studio brillante e sovversivo della personalità umana. (…) Nella sua audacia e originalità questo romanzo allarga la nostra conoscenza della narrativa contemporanea giapponese».
The Telegraph

«Un’accusa rabbiosa verso l’intera società (…), un’impressionante descrizione dell’alienazione femminile e della tensione autodistruttiva del Giappone contemporaneo».
Time Out

«Siete pronti a un libro completamente diverso dai consueti thriller? Questa è un’opera che ricorda i grandi romanzi russi. Le sorelle Hirata sono delle cugine non troppo distanti dei fratelli Karamazov».
The Independent

mercoledì 12 dicembre 2007

Millenium Trilogy - Anteprima

Uomini che odiano le donne
Stieg Larsson
Marsilio Editori, 2007
Pag. 688 Euro 19,50
Traduzione: C. Giorgetti Cima

Lo scrittore svedese Stieg Larsson e la sua Millennium Trilogy, di cui Marsilio ha appena pubblicato il primo volume, Uomini che odiano le donne, sono negli ultimi mesi al centro di un clamoroso caso editoriale internazionale. Dopo aver toccato record di vendita senza precedenti in Svezia, i tre romanzi di Larsson, morto improvvisamente a 50 anni poco dopo aver consegnato i manoscritti al suo editore, stanno ottenendo enorme successo in ogni paese in cui vengono pubblicati: dalla Danimarca alla Norvegia, dalla Germania alla Francia, ovunque vengono accolti da recensioni entusiastiche e da un incondizionato favore dei lettori (nel 2008 sbarcheranno anche in Gran Bretagna e negli USA).

In Italia dopo solo due settimane dall’uscita Uomini che odiano le donne è andato in ristampa e ha superato le 10.000 copie distribuite.
Tra i primi critici italiani ad accorgersi del valore dell’opera c’è Giovanni Pacchiano che sul Sole 24 Ore ha parlato apertamente di “capolavoro”, definendo Uomini che odiano le donne “un libro immenso, non solo per mole ma anche per l'energia narrativa e la capacità di riflettere sulla società e sul genere umano”.
Marsilio Editori, che si è aggiudicata i diritti per l’Italia della trilogia poliziesca di Stieg Larsson battendo sul tempo i grandi gruppi editoriali nazionali, pubblicherà i restanti due romanzi a cadenza annuale, nel 2008 e nel 2009.

L’autore
Stieg Larsson, giornalista svedese, fondatore di EXPO, esperto di organizzazioni di estrema destra e neonaziste, ex consulente di Scotland Yard, è morto improvvisamente nel 2004, quando aveva appena concluso la sua trilogia poliziesca. Uomini che odiano le donne, primo episodio, ha vinto il Glass Key, il premio dell’Accademia svedese del Poliziesco e il premio dei librai svedesi come miglior libro dell’anno.

La scheda del romanzo
Il sito di Stieg Larsson
Un articolo su Carmilla On Line
Un articolo di Liberation
Un articolo su Evene.fr

martedì 11 dicembre 2007

Il serpente di Pietra - Anteprima

Jason Goodwin
Einaudi Stile Libero Big, 2007
Pag. 348, Euro 16,00
Traduzione: Cristiana Mennella

Dopo il discreto successo ottenuto con L'albero dei Giannizzeri (Einaudi, pag. 382, Euro 12,50) l'inglese Jason Goodwin, laureato a Cambridge e con una passione sfrenata per l'impero ottomano, propone una nuova avventura del detective eunuco Yashim con Il serpente di pietra. La vicenda si svolge come sempre a Istanbul ma nove anni dopo la storia narrata nel precedente romanzo, per l'esattezza nel 1839. Mentre il sultano Mahmut II, dopo aver modernizzato l'Impero, giace morente nel suo palazzo affacciato sul Bosforo, in città si diffondono voci e allarmi. La comunità greca è in subbuglio per l'arrivo inatteso di un archeologo francese alla ricerca di un antico tesoro bizantino. Specie dopo che il cadavere mutilato dell'archeologo viene rinvenuto davanti all'ambasciata francese. E il detective Yashim, proprio colui che aveva brillantemente risolto il caso dei giannizzeri, risulta essere il massimo sospettato per l'omicidio... Entrambi i libri paiono interessanti anche se le recensioni dei lettori finora sono state tiepide. L'ambientazione m'intriga...

Il sito ufficiale di Jason Goodwin

lunedì 10 dicembre 2007

Le benevole - Allemanda 1 e 2

L’odore era immondo; e quell’odore, lo sapevo, era l’inizio e la fine di tutto, il significato stesso della nostra esistenza.

In questo primo, lunghissimo capitolo seguiamo il nostro antieroe sul fronte orientale nel 1941. In Ucraina Aue è uno Hauptsturmfürher (capitano) delle SS incaricato di redigere dei rapporti per l’Alto Comando sull’andamento del conflitto e in particolare sullo stato del morale delle truppe. Egli ha deciso di sua volontà di essere mandato in servizio lì, su suggerimento del suo commilitone e miglior amico Thomas, che anche in seguito avrà un’importanza fondamentale nella sua carriera militare.
Il suo superiore è lo Standatenfürher (colonnello) Blobel, un iracondo ufficiale che non mostra alcuna simpatia per Aue. Appena arrivato a Lutsk egli si trova di fronte ai primi orrori del conflitto. Migliaia di cadaveri sono stati ammassati nel cortile del quartier generale nazista. Si tratta di detenuti ucraini e polacchi, giustiziati senza tante premure dai loro stessi concittadini prima dell’arrivo in città dei nazisti.
In seguito Maximilian viene destinato a Kiev. Qui partecipa alla prima Großeaktion contro la popolazione ebrea. Preparata minuziosamente, la deportazione in massa e la successiva fucilazione di decine di migliaia di vittime innocenti, per lo più donne, bambini e anziani, è descritta da Littel con dovizia di particolari agghiaccianti che occupano una decina di pagine. A Kiev ogni tentativo d’insurrezione è represso nel sangue con ferocia inusitata. L’inverno russo cala sulle truppe tedesche bloccando l’avanzata verso Mosca. Aue è rimasto scioccato da ciò che ha visto - sebbene il suo stupore non gli abbia impedito di realizzare un book fotografico sullo sterminio che ha ricevuto apprezzamenti dalle alte sfere, suscitando l’invidia dei suoi colleghi – e per tale motivo viene mandato in licenza per alcuni mesi.

In Crimea qualche mese di clima mite e l’incontro con l’ufficiale Partenau, che Aue inizia all’omosessualità, sono sufficienti a ritemprarlo. È in questa parte del libro che il protagonista svela alcuni dettagli della sua adolescenza destinati ad assumere un ruolo determinante nella sua esistenza. Egli in passato ha avuto un legame incestuoso con la sorella gemella Una. Suo padre è misteriosamente scomparso e la madre si è risposata con un commerciante francese. Successivamente Max è mandato in un collegio dove ha scoperto la sua omosessualità. Divenuto maggiorenne si trasferisce a Berlino dove termina gli studi in Legge.

Al termine della licenza Aue è inviato nel Caucaso, un fronte più calmo dove ha modo di stringere un rapporto d’amicizia con il colto linguista Voss. Il suo compito ora è quello di determinare se alcune popolazioni del luogo siano o meno di discendenza ebrea. La questione riveste un’importanza fondamentale per le SS che hanno intenzione di procedere a rastrellamenti razziali. La Wermächt, al contrario, è riuscita a farsi benvolere dalla popolazione, facendo leva sull’avversione di questa per i bolscevichi e non ha alcuna intenzione di suscitare la loro ira partecipando a una campagna di genocidio. In una delle parti più significative di questo capitolo Aue è chiamato a testimoniare presso il quartier generale della Wermächt sugli usi e costumi della popolazione. Sulla sua testimonianza si regge l’intero impianto accusatorio delle SS. Aue, che non è convinto delle prove anche se si guarda bene dall’esprimere giudizi di sorta verso la soluzione finale, si lancia in una surreale e dotta disquisizione sull’origine dell’etnia, al termine della quale il Comandante della Wermächt decide di non agire. È questa una delle sezioni più illuminanti per capire il meccanismo burocratico della macchina dello sterminio e i rapporti contradditori tra l’esercito e le forze di polizia naziste.
Al termine della sua requisitoria Aue per punizione è spedito dai suoi superiori a prestare servizio a Stalingrado.

lunedì 3 dicembre 2007

Le benevole - Toccata

Fratelli umani, lasciate che vi racconti com’è andata.

Nell’introduzione l'autore espone con vigore la tesi del suo protagonista. Alla fine della guerra Max Aue è un agiato imprenditore tessile che vive indisturbato in un paesino della provincia francese. Sposato con due figli, egli ha un’attività nel campo dei merletti e conduce una vita agiata. Tuttavia il rimorso di ciò che ha commesso in passato lo tormenta, spingendolo infine a prendere carta e penna per scrivere una sorta di autobiografia che lo aiuti a esorcizzare così i fantasmi del passato. Qui l’autore aderisce tramite il suo protagonista alla tesi dello storico Daniel Goldhagen che con il suo primo lavoro I volenterosi carnefici di Hitler I tedeschi comuni e l’Olocausto (Mondadori, 1997) ha accusato tutto il popolo tedesco di essere complice e responsabile dello sterminio degli ebrei. Aue, infatti, non ha intenzione di recitare un mea culpa ma di spiegare come delle azioni giudicate orribili in tempo di pace possano essere compiute da chiunque in un determinato contesto storico e politico. La tesi di Aue è provocatoria. A un certo punto egli si domanda che differenze c’erano tra chi gettava il gas nelle camere della morte a Auschvitz e il ferroviere che comandava la leva dei binari che conduceva i treni al lager. “Chi dunque è il colpevole? Tutti o nessuno? Perché l’operaio addetto al gas sarebbe più colpevole dell’operaio addetto alle caldaie, al giardino, ai veicoli? Proseguendo nella sua esposizione, Aue si dichiara colpevole tanto quanto tutti gli altri tedeschi che, travolti dal nazismo e dalla guerra, si trovarono coinvolti nel conflitto mondiale. D’altra parte “Chi, di proposito, a parte un pazzo, sceglie l’omicidio? Il capitolo, il più breve del libro, si conclude con un’agghiacciante constatazione: “Vivo, faccio il possibile, capita così a tutti, sono un uomo come gli altri, sono un uomo come voi. Ma via, se vi dico che sono come voi!

martedì 27 novembre 2007

Le benevole

Jonathan Littel
Einaudi, 2007
pag. 953, Euro 24,00
Traduzione: Margherita Botto

La prima volta che ho sentito parlare di questo romanzo è stato all’incirca un anno fa, quando un mio amico sceneggiatore mi ha telefonato da Parigi, dove attualmente vive, per dirmi che stava leggendo un libro formidabile, destinato a sollevare un enorme scalpore in Francia.
Era stato profeta poiché Les Bienviellantes, questo il titolo in originale del romanzo scritto da Jonathan Littel, non solo ha venduto oltralpe due milioni di copie ma ha sollevato dibattiti e infinite discussioni. Il romanzo, monumentale con le sue 950 pagine, affronta gli orrori del secondo conflitto mondiale e la Shoah raccontandola dal punto di vista dei carnefici. Il protagonista della storia è Maximilian Aue,
un laureato in legge arruolatosi per convenienza nelle SS poco prima della guerra che, per una serie di circostanze fortuite, si trova a essere testimone di tutti i più tragici eventi bellici del secondo conflitto mondiale, dall’invasione in Russia, all’assedio di Stalingrado, fino al bunker di Berlino a fianco al Fürher dove si consuma il tragico epilogo della guerra.

L’autore è un quarantenne newyorchese di origini ebree alla sua seconda prova come scrittore, con un passato nelle associazioni umanitarie, dove ha lavorato come volontario, soprattutto nella ex Jugoslavia durante la guerra civile. Littel ha studiato per dieci anni tutta la documentazione esistente sull’Olocausto prima di iniziare a scrivere il suo libro in francese, vincendo il Prix Goncourt e il Grand prix du roman de l'Académie française 2006. Dal punto di vista storico il romanzo è accurato a tal punto che persino lo storico Claude Lanzmann, autore del documentario Shoah (edito in DVD da Einaudi) ha ammesso che Le benevole racconta in maniera accurata e il genocidio messo in opera dai nazisti. Ricordiamo che Lanzmann, come lo stesso Primo Levi, sostiene la tesi che l’arte non è in grado di raccontare l’Olocausto. Ogni tentativo di affrontare il genocidio degli ebrei è pertanto una speculazione artistica rivoltante da rigettare in toto. È per tale motivo che egli ha stroncato sia Schindler’s List di Spielberg che Il Pianista di Polanski.

Il titolo del libro si riallaccia alla mitologia greca e in particolare all’Orestea di Eschilo. Oreste, perseguitato dalle Erinni per avere assassinato la madre, si rifugia ad Atene. Qui riesce a convincere le Erinni che vogliono vendicare la morte di Clitennestra a diventare Eumenidi, cioè benevole (dal greco euméneia, ovvero benevolenza). Non più dee della vendetta ma custodi della giustizia. È chiara l’identificazione di Max Aue con Oreste. Come lui egli è spinto dal cupo risentimento familiare a commettere efferati crimini contro l’umanità. E tuttavia, anche lui come Oreste, non verrà punito per i suoi peccati se non dal doloroso rimorso instillatogli dalle Benevole.

Riepilogare in poche righe tutti gli eventi descritti con furore ne Le benevole è un’impresa ardua, tale e tanta è la mole di informazioni contenuta nel libro. La lettura richiede molta pazienza e coraggio, giacché Littel non distoglie lo sguardo di fronte agli episodi più atroci ma al contrario li descrive con una minuzia di particolari, destinati a provocare raccapriccio nel lettore. Il romanzo è diviso in sette parti, distinte con i nomi di sette movimenti musicali. Nei prossimi giorni racconterò la storia de Le benevole capitolo per capitolo.

lunedì 19 novembre 2007

Nodo di sangue

Laurell K. Hamilton
Tea, 2003
Pag. 338 Euro 8,60

“Sono la Sterminatrice, e io, coi vampiri, non ci esco. Io li ammazzo.”

Alla ricerca di informazioni su Elizabeth Kostova mi sono imbattuto in un blog nel quale si parlava in maniera entusiastica di Laurell K. Hamilton e della sua saga che ha come protagonista Anita Blake, di professione sterminatrice di vampiri.
Confesso che fino a qualche mese fa ignoravo la presenza di questa scrittrice di genere che invece nel web ha un mucchio di sostenitori. Laurell è nata in Arkansas e ha esordito in patria nel 1992 con Guilty Pleasures (in italiano Nodo di sangue), il libro nel quale appare per la prima volta la sua creazione più celebre, Anita per l’appunto, divenuta protagonista di ben 15 romanzi, molti dei quali già tradotti anche in Italia da Tea.
Incuriosito sono uscito dal lavoro, ho imboccato la prima libreria sotto casa e ho acquistato in economica proprio Nodo di sangue, mentre accanto a me c’era un ragazzo che gioiva per l’uscita de Il tocco della notte (Nord) un’altra serie che ha come protagonista Meredith Gentry, investigatrice del sovrannaturale.

Il pregio principale della Hamilton consiste nell’avere creato un mondo ex novo, popolato di una cosmogonia di personaggi. Le sue storie di vampiri si svolgono quasi tutte a St. Louis nel Missouri, città nella quale vive l’autrice, dove la Blake, una 25enne tosta e senza peli sulla lingua lavora per la Animators Inc. Dietro compenso ella resuscita i morti e uccide i vampiri fuorilegge.
La prima novità consiste nel fatto che la scrittrice immagina un paese in cui i succhia sangue siano integrati con gli esseri umani e “legalizzati”, seppure entro un certo limite. È proprio un vampiro che in una calda mattina di luglio fa una strana proposta alla nostra eroina: occuparsi di un serial killer che sta sterminando i vampiri. Anita all’inizio non accetta ma poi è costretta a indagare quando la sua amica Catherine è ipnotizzata da un potente Master (un vampiro con più di un secolo sulle spalle), l’affascinante Jean-Claude, proprietario del Guilty Pleasures, il locale dove i vampiri della città si esibiscono, che minaccia di vampirizzarla se non si occuperà del caso.
Costretta a ubbidire, Anita inizia un’indagine (non troppo complessa a dire il vero) che la porta a contatto con una cosmogonia di personaggi bizarri: c’è Philip, un junkie che ama farsi succhiare, Edward, un killer ammazza vampiri assetato di sangue, Nikolaos, una tredicenne letale, madre di tutti i vampiri di St. Louis e, per non farsi mancare nulla, anche dei ratti mannari.
Più che la trama ciò che conta è l’universo di freaks creato dalla Hamilton e lo stile con il quale essi vengono presentati. Ci va giù pesante l’autrice, con un linguaggio colorito e descrizioni grand guignolesche che somigliano alle vignette di un fumetto pulp piuttosto che a letteratura, seppure di genere. Non a caso dalle avventure della Blake la Marvel ha anche tratto una serie a fumetti, inedita in Italia. Divertente e nulla più.

Il sito di Laurell K. Hamilton
Il sito di Anita Blake

martedì 13 novembre 2007

I ragazzi venuti dal Brasile

Ira Levin
1975, Oscar Mondadori
pag. 265, Euro 7,80
Traduzione: Adriana Dell’Orto

"La missione deve essere compiuta" disse l’uomo in bianco, cavando di tasca l’astuccio degli occhiali. "Quanto più completamente possibile, a ogni costo."

La scomparsa di Ira Levin, avvenuta lunedì, è passata sui nostri media sottotono. Ira Levin, scrittore di origini ebree pressoché misconosciuto in Italia, era nato a New York nel 1929. Dopo la laurea alla N.Y. University egli aveva esordito a soli 22 anni con il noir Un bacio prima di morire che ha conosciuto due versioni cinematografiche. Dopo avere accumulato esperienza come sceneggiatore televisivo, nel 1967 pubblicò quella che a tutt’oggi è considerata la sua opera migliore Rosemary’s baby Nastro rosso a New York (Oscar Mondadori, 2005) che Roman Polanski ha portato sullo schermo un anno. dopo ottenendo uno scioccante successo di critica e di pubblico. Tra i suoi lavori migliori ricordiamo anche La moglie perfetta (The Stepford’s Wives, 1972), un horror satirico trasportato sullo schermo per ben due volte, prima a opera di Bryan Forbes, poi nel 2004 per la regia di Frank Oz con Nicole Kidman nel ruolo della protagonista.

Il primo giudizio lusinghiero nei confronti di Levin l’ho letto nell’autobiografia di Roman Polanski, dove il regista polacco ammette di essere rimasto stregato Rosemary's Baby che lesse tutto d’un fiato in una notte. Un secondo commento entusiasta l’ho poi riscontrato in Danse Macabre (Sperling & Kupfer, 2006) di Stephen King. Nelle sue riflessioni sulla letteratura di genere il Re esprime la sua ammirazione per Levin e i suoi romanzi, definiti meccanismi perfetti, congegnati da un orologiaio svizzero. Tuttavia, imbattersi in libreria nei romanzi di Levin è un’impresa ardua. Ecco perché la ristampa in economica de I Ragazzi venuti dal Brasile è un’occasione per scoprire questo scrittore in una delle sue prove migliori, anch’essa trasposta sullo schermo nel 1978 in un celebre thriller di Franklin J. Schaffner con Gregory Peck, Laurence Olivier e James Mason.
Il romanzo, di sole 265 pagine, è incentrato su due personaggi, il dott. Joseph Mangele, l’Angelo della morte di Auschvitz, tristemente noto per i suoi esperimenti sui deportati, e Yakov Liebermann, un sessantacinquenne ebreo, cacciatore di nazisti, modellato sulla figura di Simon Wiesenthal.

Nel libro, scritto nel 1976, s’immagina che Mengele, rifugiatosi in Paraguay dopo la fine del conflitto, organizzi un piano assieme a un gruppo di ex nazisti che prevede l’eliminazione fisica di 94 pensionati sparsi per il mondo. Lieberman viene a conoscenza del progetto per caso e inizia la sua caccia all’uomo cercando di scoprire perché Mengele voglia uccidere queste persone del tutto innocue, ognuna in apparenza senza alcun legame con l’altra. La verità è che il dottore ha ricreato geneticamente in laboratorio le condizioni per fare rinascere nientemeno che Adolf Hitler. 94 famiglie hanno adottato un neonato ignare di ciò e per ricreare le condizioni ambientali in cui visse l’adolescente Fürher è necessario che il padre muoia di morte accidentale.
Levin anticipa un tema, quello della clonazione, divenuto di moda circa trent’anni dopo, dimostrandosi non solo profetico ma attrezzato scientificamente per sostenere una tesi che, negli anni ’70, era davvero poco plausibile.
La struttura narrativa del romanzo, concentrata in soli 8 capitoli, alterna come in una partita a scacchi le mosse del protagonista (Liebermann) con quelle del suo antagonista (Mengele), fino all’inevitabile confronto finale in un crescendo di suspense. Se è vera la massima di Alfred Hitchcock secondo la quale “più è riuscito il cattivo, più è riuscito il film”, allora I Ragazzi venuti dal Brasile deve la sua riuscita proprio al modo in cui l’autore tratteggia Joseph Mengele. Folgorante l’avvio nel quale questo signore elegante, vestito di bianco e dai modi cortesi, si trasforma impercettibilmente in una belva nel corso di quella che sembra un'innocua cena tra amici in un ristorante giapponese.
Un libro da riscoprire che vi consiglio caldamente.

La biografia di Ira Levin su Wikipedia

lunedì 5 novembre 2007

Twilight

Stephenie Meyer
2006, Lain Fazi Editore
pag. 412, Euro 16.50
Traduzione: Luca Fusari

"Di tre cose ero del tutto certa.
Primo, Edward era un vampiro.
Secondo, una parte di lui - chissà quale e quanto importante - aveva sete del mio sangue.
Terzo. ero totalmente, incondizionatamente innamorata di lui."

Ho adocchiato per la prima volta questo libro l’estate di un paio d’anni fa, quando due colleghe di redazione lo stavano leggendo.In seguito me ne hanno parlato bene e mi sono ripromesso di prenderlo. L’occasione è giunta un mese fa. Ero alla ricerca di un titolo accattivante da regalare a mia figlia Chiara che ha quattordici anni. Nel frattempo Twilight, scritto dall'esordiente americana Stephenie Meyer, era divenuto un fenomeno letterario sopratutto tra gli adolescenti e mi sono fidato dei commenti che avevo letto su internet bookshop, dove a oggi si contano oltre 300 pagine di discussione su questo titolo. Mia figlia ha divorato il libro in un paio di giorni e mi ha ordinato di leggerlo immediatamente, cosa che ho fatto con estremo piacere, dato che non è cosa di tutti i giorni ricevere suggerimenti letterari dalla propria prole. Inoltre c’erano due aspetti di Twilight che m’interessavano. Innanzitutto ha come protagonisti dei vampiri, in secondo luogo l’ambientazione è contemporanea.

Isabella Swan, una diciassettenne malinconica e imbranata, lascia l’assolata Phoenix in Arizona e si trasferisce per tutto l’anno scolastico dal padre a Forks (i genitori sono divorziati), una cittadina piovosa vicino a Seattle.
Il contatto con il nuovo ambiente non è dei migliori. A Forks piove quasi tutti i giorni, il sole fa capolino di rado, e la scuola è composta da ragazzi un po’ snob. In particolare l’attenzione della giovane cade su Edward, un bel tenebroso che frequenta solo i suoi fratelli maggiori ed evita i contatti con gli altri studenti. Bella è attratta irresistibilmente da lui ma quest’ultimo sembra schivarla. Tale ostilità è dovuta al fatto che Edward è un vampiro e non vuole fare del male alla ragazza della quale si è innamorato a prima vista. Vincendo le reciproche diffidenze i due, dopo un corteggiamento conflittuale, si mettono insieme ma l’unione si rivela subito problematica, poiché Edward ama Bella e non vuole farle del male. Tuttavia il vampiro è addestrato a resistere alla tentazione del sangue umano. Ogni tanto va a cacciare qualche animale nella foresta assieme ai fratelli e al padre adottivo (che di professione è un medico!) e placa così la sua sete di sangue. I guai non tardano ad arrivare quando in città giungono dei vampiri cacciatori, uno dei quali ha intenzione di cibarsi del boccone più prelibato, Emma naturalmente...

Cosa ha reso questo libro così popolare tra gli adolescenti è presto detto: la storia d’amore tra i due protagonisti, peraltro proseguita con due sequel New Moon e Eclipse, quest’ultimo di prossima pubblicazione in Italia. Twilight, infatti, è un melò con delle venature horror. In questo libro del mito dei vampiri che ogni appassionato ha imparato a conoscere leggendo Bram Stoker o Anna Rice c’è ben poco. La Meyer, infatti, rivisita la leggenda in maniera arbitraria e si concede delle libertà narrative audaci e inverosimili. I vampiri possono girare indisturbati di giorno, non si eccitano alla vista del sangue, sono immuni al crocifisso, non c’è un Van Helsing che li può danneggiare, insomma sono dei super eroi romantici e dark. Di suspense nemmeno a parlarne; fatta eccezione per le ultime ottanta pagine, Twilight si dipana in lunghe ed estenuanti divagazioni romantiche da innamorati alle prime armi e fa rimpiangere il delirante stile di Laurell K. Hamilton, zeppo di emoglobina, squartamenti e immaginifiche creature millenarie. Ed è proprio la lettura che ho consigliato a Chiara... :-)

Il sito di Stephenie Meyer

Il Fan club ufficiale

lunedì 29 ottobre 2007

Gomorra

Roberto Saviano
2006, Mondadori
pag 331, Euro 15,50

"
Mi tormentavo, cercando di capire se fosse possibile tentare di capire, scoprire, sapere senza essere divorati, triturati. O se la scelta era tra conoscere ed essere compromessi o ignorare - e riuscire quindi a vivere serenamente."

Ossessione e urgenza. Questi i fattori che hanno spinto il ventisettenne Roberto Saviano a scrivere Gomorra. L'ossessione di capire, da napoletano, cosa sia realmente la piaga della camorra, al di là della rituale rappresentazione che i media ne fanno; l'urgenza di scrivere, con la convinzione che la parola, oggi più che mai, possa essere ancora la più preziosa testimone del nostro tempo.
Frutto di anni d'osservazione sul territorio, nonché di studio dei documenti ufficiali relativi ai vari processi intentati al Sistema (come viene ormai chiamata la camorra a Napoli e dintorni), Gomorra è un romanzo verità che racconta le molteplici sfaccettature della criminalità organizzata, tratteggiando personaggi memorabili che lo stesso autore, presente nel libro come io narrante, ha conosciuto durante le sue missioni da "infiltrato".
Un mondo di malaffare, dominato da un impero criminale che si estende con le sue mefitiche ramificazioni in ogni ganglio vitale dell'economia e della Campania: a partire dal porto di Napoli, in cui s'ammassano le merci pronte a invadere l'Europa, passando per l'entroterra (Secondigliano, Scampia, Casal di Principe), punto di partenza del florido commercio della droga, e poi per la costa, dove l'edilizia selvaggia ha fatto scempio del territorio, per terminare infine nelle campagne, devastate dalle discariche abusive.

Un volume d'affari pari a centinaia di milioni di euro l'anno per il quale i clan si scannano, ingaggiando violente guerre intestine che hanno come obiettivo il controllo del business, come viene raccontato con crudezza nella parte dedicata alla guerra di Secondigliano.
In una terra dove la legalità sembra essere eccezione, emergere nel Sistema, fare carriera al suo interno, spesso rappresenta per i giovani l'unica opportunità di successo.
Un'opera potente, che s'avvale di un linguaggio a volte iperrealista - esemplificativo è il capitolo intitolato Hollywood, dedicato al cinema gangsteristico del quale piccoli e grandi boss si nutrono per alimentare il proprio mito - altre appassionato: "
... conoscere non è più una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessità. L'unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare."
Un libro testimonianza più che di genere.

Wikipedia Roberto Saviano
Intervista a Saviano su Glob

lunedì 22 ottobre 2007

Favola dei due che divennero uno

Dario Buzzolan
2007, Baldini Castoldi Dalai
Pag. 242, Euro 14,80

"Il fatto essenziale è che sono morto: un problema di cuore. Ma non è di questo che voglio parlare. Non ora, almeno.
Ora vorrei soltanto raccontare la mia storia.
"

Una minaccia terroristica incombe sulla Città: l'Uomo senza nome minaccia di fare esplodere la metropoli con la sua arma segreta Flagello. Mentre la polizia fa evacuare le strade e sembra impotente a fronteggiare il pericolo, due uomini pieni d'amore ma delusi dalla vita si aggirano per le vie deserte. Il Cameriere, stanco di lavorare in un locale degradato, sta recandosi presso il prestigioso ristorante La Verza d'Oro per capire perché la sua richiesta di impiego non è stata accettata. Il Direttore, invece, vuole tentare per l'ultima volta di supplicare la donna amata che oramai l'ha lasciato. Per caso, i due uomini si scontrano e, senza alcuna spiegazione scientifica, si fondono uno nell'altro trasformandosi in una creatura femminile, angelica e innocente, cui il destino darà il nome di Rosaura. Sarà compito di questa ragazza sventare il piano del feroce terrorista e dei suoi Diapazem, un crudele quanto letale gruppo di suonatori di liscio.
Accompagnata da Tom, riportato alla vita dal geniale Dottore - l'io narrante della storia - Rosaura compie un viaggio attraverso la Città, prodigo di incontri memorabili. Ella, infatti, s'imbatte in feroci accalappiacani, negli Scuri venuti da lontano e in famiglie che vivono nel sottosuolo. Al termine del percorso Rosaura dovrà lottare per salvare il mondo non prima di essersi innamorata e di avere scoperto quanto, nonostante tutto, la vita sia una cosa meravigliosa.

Spiazzante. E' questo il sentimento che suscita fin dalle prime righe la nuova fatica letteraria di Dario Buzzolan, quarantenne il cui esordio narrativo risale al 1998 con "Dall'altra parte degli occhi", al quale hanno fatto seguito "Non dimenticarti di respirare" (2000) e "Tutto brucia" (2003).
Se nei precedenti lavori Buzzolan si era cimentato nel giallo, ora con "Favola dei due che divennero uno" lo scrittore affronta un genere poco frequentato dalla narrativa italiana, fatta eccezione per Gianni Rodari o per talune metafisiche parabole di Tommaso Landolfi. Ma in Buzzolan convive anche una forte componente cinematografica: impossibile, infatti, nello scoprire la cosmogonia di personaggi bizzarri che affollano le 200 pagine del racconto, non pensare alle melanconiche creature del cinema di Tim Burton. Si pensi, ad esempio, a Tom, il protagonista, all'apparenza repellente a causa della sua testa scindibile dal corpo, eppure dotato di straordinaria umanità.
Utilizzando una struttura narrativa picaresca sulla quale s'innesta una prosa rapida ed efficace, l'autore alterna con abilità l'humour nero di alcune situazioni alla compassione autentica per i suoi personaggi. E alla fine, come in ogni fiaba che si rispetti, nelle ultime parole che il Dottore lascia al lettore come testamento di questa storia, ci suggerisce la morale: "
... Ho capito che nella vita non c'è altro che valga, se non mettere al mondo: un oggetto ben fatto o un essere vivente o anche se stessi in modo nuovo, non fa differenza."

Intervista a Dario Buzzolan
Wikipedia Dario Buzzolan

domenica 14 ottobre 2007

Le notti di Salem

Prima Edizione 1975
2007, Sperling & Kupfer Editori

Pag. 651, Euro 22,00

Traduzione: Tullio Dobner


Il giorno dopo il ragazzo gli si presentò con il giornale in mano, ripiegato in maniera da lasciare in vista il titolo: >
<Ho paura>, disse.
<Anch'io>, rispose l’uomo alto.

Le origini
Nell’aprile del 1974 la casa editrice americana Doubleday, dopo avere pubblicato il primo romanzo di Stephen King Carrie, decise di acquistare un altro lavoro dello scrittore del Maine, Second Coming. Gli editori cambiarono il titolo in Le notti di Salem, dal nome della città in cui era ambientata la storia e decisero di presentare ai librai americani King come uno scrittore horror.
Era l’inizio della carriera del Re come maestro di genere. Il libro ebbe infatti un successo clamoroso, divenendo il primo best seller dello scrittore che da lì in poi sarebbe stato etichettato come maestro del brivido. Una nomea rimasta appicicata all’autore per decenni e dalla quale non si è ancora del tutto liberato, nonostante abbia oramai pubblicato storie di diverso genere come Il miglio Verde e Cuori d’Atlantide, tanto per citare due titoli.

Scrittore di Horror
Era stato profetico il suo editor Bill Thompson quando spiegò a King che, se dopo Carrie avesse pubblicato Le notti di Salem (come effettivamente avvenne nel 1975) al posto del più drammatico Uscita per l’inferno, la sua carriera avrebbe preso una china più sicura dal punto di vista commerciale ma forse meno gratificante sotto l’aspetto squisitamente letterario.
L’aneddoto è ricordato argutamente da King stesso nella prefazione alla nuova edizione de Le notti di Salem, per l’occasione ristampato da Sperling & Kupfer Editori in un’edizione fotografica che offre il romanzo tradotto stavolta da Tullio Dobner, abituale traduttore di King, con l’aggiunta di alcuni capitoli eliminati dalla prima edizione del libro e di due racconti nei quali ritroviamo protagonisti alcuni dei personaggi presenti nel plot del romanzo.

La storia
Ne Le notti di Salem King si cimenta con l’archetipo della letteratura horror – ovvero Dracula di Bram Stoker – immaginando che in una cittadina del Maine improvvisamente arrivi un emulo del Conte, il vampiro Barlow, accompagnato dal suo aiutante, l’umano Straker (curiosamente un nome che richiama quello di Stoker), con l’obiettivo di rendere schiavi tutti gli abitanti della ridente Salem.
In realtà, come sanno tutti coloro che hanno letto almeno un libro di King, è evidente fin dall’inizio che dietro la linda facciata di un paese onesto, popolato di persone perbene, si cela una realtà ben più oscura e inquietante.
Ne è perfettamente cosciente il protagonista della storia, lo scrittore Ben Mears, tornato al suo villaggio d’origine dopo un grave lutto familiare. Egli ha perso la moglie in un tragico incidente stradale e ha deciso di recarsi a Salem per scrivere un nuovo romanzo, incentrato su Casa Marsten, una dimora decadente che domina dalla collina il paese, teatro di un orrendo omicidio-suicidio avvenuto molti anni addietro.
E’ proprio in quella casa in disuso e abbandonata che Barlow ha deciso di soggiornare. Ma lo precede il forestiero Straker, che ha acquistato la villa per aprire un negozio d’antiquariato. In realtà il lavoro è solo una copertura per non fare insospettire la gente del posto. La verità è che Casa Marsten è la dimora di Barlow, temibile figura millenaria, assetata di sangue.
Il villaggio è popolato da una serie di personaggi che King tratteggia da par suo: i bambini della famiglia Glick (le prime vittime del vampiro), l’innocente Susan, della quale Ben s’innamora perdutamente, il professore di lettere Mathhew Burke, il primo a capire cosa stia succedendo in paese, e il coraggioso Mark Petrie, un ragazzino che affronta il pericolo mortale con la folle incoscienza e determinazione di un adolescente.

I temi
L’ambizione di King è quella di riproporre il mito del vampiro in un contesto moderno, lasciando inalterate le regole di questo particolare genere letterario. E’ pertanto possibile effettuare dei parallelismi tra i personaggi di Dracula di Stoker e quelli del libro di King. Ben è Jonathan Harker, Susan è Lucy, mentre il professor Burke è chiaramente Van Helsing. Un altro tema presente in Dracula, riproposto ne Le notti di Salem, è l’incapacità della scienza moderna di potersi confrontare con un pericolo sovrannaturale che sfida tutte le leggi della razionalità. Barlow appare indistruttibile secondo i dettami tradizionali e può essere sconfitto solo da una fede ferma e incrollabile. Lo capisce bene Padre Callahan, personaggio tormentato, l’unico in apparenza in grado di contrastare il male per via della sua tonaca, ma in realtà il primo a capitolare a causa della sua indecisione.

Conclusione
La struttura narrativa è un mix riuscito - nel tono e nel ritmo - tra un romanzo d’altri tempi, anche se ancora modernissimo, e un film rivoluzionario come
La notte dei morti viventi di George Romero. Dal film del regista americano, apparso sugli schermi nel 1968, Le notti di Salem riprende l’idea del male descritto come un virus che dilaga fino a contagiare tutti gli abitanti del paese. Un tema che sarà ripreso e sviluppato ulteriormente da King nel 2006 con il meno riuscito Cell.

Sito ufficiale di Stephen King
Il sito italiano di Stephen King
Il sito dei fan
Wikipedia Le notti di Salem
Wikipedia Stephen King

mercoledì 10 ottobre 2007

Il discepolo

Elizabeth Kostova
2005, Bompiani BUR
pag 668, Euro 9,50
Traduzione: Maria Barbara Piccioli

“Mio caro e sfortunato successore,
è con rammarico che ti immagino, chiunque tu sia, nell’atto di leggere quanto mi vedo costretto a mettere nero su bianco. Il rammarico è in parte per me stesso, perché se questa lettera giungerà nelle tue mani, di sicuro io sarò in pericolo, forse morto, o peggio. Mi dispero anche per te, amico ancora sconosciuto, perché solo chi ha bisogno di informazioni tanto spaventose leggerà un giorno questa lettera.”



La storia
Una notte, curiosando nella biblioteca del padre Paul, professore universitario in quel di Amsterdam, una ragazza trova un fascio di vecchie lettere, indirizzate “Al mio caro e sfortunato successore”, e un libro dalle pagine bianche, fatta eccezione per la copertina raffigurante un drago e la scritta “Drakulya”. La giovane ne vuole sapere di più e chiede al padre spiegazioni. Quest’ultimo, riluttante, è costretto poco alla volta a rivelare alla figlia quale tragica storia si celi dietro quelle epistole.
Inizia così Il discepolo, opera prima di Elizabeth Kostova, laureata a Yale e sposata con un professore universitario bulgaro dal quale ha acquisito il cognome. Il romanzo è stato un successo mondiale, tradotto in venti lingue, e i diritti per la trasposizione cinematografica sono stati acquistati dalla Sony, che ha intenzione di realizzarne un film entro il 2010.


100 anni di vampiri
A cosa è dovuto il successo di questo libro è presto detto: il conte Dracula. L’invenzione di Bram Stoker continua a fare proseliti a oltre 100 anni dalla sua apparizione letteraria. A cicli ricorrenti, infatti, assistiamo all’aggiornamento, sotto angolazioni differenti, di questo archetipo narrativo del male.
Negli anni ’50 Richard Matheson aggiornò il mito del vampiro con il classico Io sono leggenda (1954), destinato a diventare una delle pietre angolari del genere.
Nel 1975 Stephen King ha riproposto i succhiasangue con Le notti di Salem (recentemente ristampato da Sperling & Kupfer con la traduzione di Tullio Dobner in un’edizione che raccomando caldamente), nel quale il vampirismo si diffondeva a macchia d’olio come un’epidemia malefica e inguaribile, proprio come nel romanzo di Matheson.
Solo un anno dopo fu la volta di Anne Rice che con il celebre Intervista col vampiro (1976), diede il via alle sue affascinanti The Vampire Chronicles. La scrittrice di New Orleans ha avuto il merito di sviluppare il personaggio del vampiro abbandonando per sempre l’iconica figura di mostro assetato solo di sangue in una creatura immortale melanconica e disperata.
Laurell K. Hamilton, invece, ha condensato negli anni ‘90 l’idea kinghiana di una stirpe maligna e indistruttibile, con quella melanconica della Rice in una saga che, a partire da Nodo di sangue (1993) per ben 14 capitoli ha come protagonista la sterminatrice di vampiri Anita Blake. Sono storie ad alto tasso emoglobinico, scritte con un ritmo cinematografico e a volte fumettistico, dall’indiscutibile presa narrativa.
Infine, in tempi più recenti si è fatta strada l’immagine del vampiro eroe romantico e maudit. Ne ha colto l’essenza Stephenie Meyer con la sua trilogia – Twilight
(2003, Fazi Editore), New Moon (2006, LanFazi Editore), Eclipse (2007) – laddove il suo Edward è addirittura addomesticato all’idea del sangue e coltiva la speranza d’intrattenere una storia romantica con l’umana Bella.

Il vero Dracula tra Storia e Leggenda
Ma torniamo a Il discepolo. In cosa si contraddistingue questo romanzo dalle dimensioni bibliche (nella versione economica sono ben 668 pagine), rispetto ai suoi autorevoli predecessori?
Innanzitutto dall’immagine che la Kostova vuole dare del suo Dracula. L’approccio dell’autrice è scientifico e non mitologico. Ecco allora che i vari personaggi, spinti dal libro magico che appare loro nelle biblioteche di tutto il mondo, si confrontano con la vita di Vlad Tepes III, detto l’impalatore, per via delle sue sanguinarie abitudini. Il principe della Valacchia è stato a metà del ‘500 il difensore della cristianità contro il saladino Mehmed II che conquistò Istanbul. Come è possibile che quest’uomo crudele sia divenuto un vampiro, che ancor’oggi imperversa nelle capitali di tutta Europa e d’oltreoceano è quello che cercano di scoprire prima il rinomato professore Bartholomew Rossi, scomparso dal suo studio a Oxford in circostanze misteriose, poi il suo allievo Paul e la figlia stessa di Rossi, Helen, infine la figlia di Paul e il suo fidanzato Barney. Il mistero si svela a poco a poco in un tortuoso viaggio che porta i protagonisti da Istanbul a Budapest, passando per Sofia e poi in Transilvania.

Troppo serio...
Le ambizioni della Kostova sono alte. Ella, infatti, non si confronta semplicemente con un genere ma tenta di realizzare un’opera dotta e accurata, non a caso il titolo originale del volume è The Historian, ovvero Lo storico. La scrittrice rivela tramite i suoi personaggi, guarda caso tutti storici di professione, la sua conoscenza della storia medievale e delle usanze di un mondo, quello dell’Europa Orientale, a metà strada tra Oriente e Occidente. Ne risulta una lettura per certi versi affascinante, soprattutto nella descrizione dell’esotica Istanbul degli anni ’50 e del mondo oltrecortina in piena guerra fredda, per altri un po’ soporifera. In tutta onestà, pur riconoscendo i meriti del libro non si può affermare che la Kostova possieda il senso del ritmo e della suspense. Troppo spesso, infatti, la vicenda s’impantana nelle lunghe disquisizioni accademiche dei protagonisti. A nostro modesto avviso queste vanno saltate a pié pari se non si vuole correre il rischio di abbandonare la lettura prima della conclusione del libro.

Alle origini del Mito
L’impianto narrativo è simile a quello de Il codice Da Vinci. I protagonisti principali sono alla ricerca del loro Graal, in questo caso la tomba di Dracula, e la loro indagine procede decodificando brani oscuri tratti da volumi d’epoca smarriti in librerie polverose. Rispetto al best seller di Dan Brown le informazioni svelate su Vlad l’impalatore sono molto accurate, non a caso l’autrice ha speso dieci anni nella composizione del libro.
Il libro è costruito in maniera epistolare, come in Dracula di Bram Stoker. La narrazione è portata avanti a più voci e questo rende frammentaria la lettura del libro, rendendola in alcuni casi ferraginosa. Mentre nell’opera di Stoker questa particolare costruzione è uno dei punti di forza del libro nel caso de Il discepolo si rivela una scelta priva di un’autentica necessità narrativa. Un altro elemento a sfavore del romanzo risiede paradossalmente proprio nel personaggio centrale sul quale è incentrata la storia. Dracula appare infatti solo a pagina 596. Il principe del male aleggia minaccioso sui protagonisti della vicenda senza assumere mai le dimensioni di un antagonista indistruttibile, come è doveroso aspettarsi in un romanzo costruito proprio sulla sua figura.

Il sito ufficiale del libro
Scheda Elizabeth Kostova
Intervista all’autrice
L’autrice parla del libro