martedì 27 novembre 2007

Le benevole

Jonathan Littel
Einaudi, 2007
pag. 953, Euro 24,00
Traduzione: Margherita Botto

La prima volta che ho sentito parlare di questo romanzo è stato all’incirca un anno fa, quando un mio amico sceneggiatore mi ha telefonato da Parigi, dove attualmente vive, per dirmi che stava leggendo un libro formidabile, destinato a sollevare un enorme scalpore in Francia.
Era stato profeta poiché Les Bienviellantes, questo il titolo in originale del romanzo scritto da Jonathan Littel, non solo ha venduto oltralpe due milioni di copie ma ha sollevato dibattiti e infinite discussioni. Il romanzo, monumentale con le sue 950 pagine, affronta gli orrori del secondo conflitto mondiale e la Shoah raccontandola dal punto di vista dei carnefici. Il protagonista della storia è Maximilian Aue,
un laureato in legge arruolatosi per convenienza nelle SS poco prima della guerra che, per una serie di circostanze fortuite, si trova a essere testimone di tutti i più tragici eventi bellici del secondo conflitto mondiale, dall’invasione in Russia, all’assedio di Stalingrado, fino al bunker di Berlino a fianco al Fürher dove si consuma il tragico epilogo della guerra.

L’autore è un quarantenne newyorchese di origini ebree alla sua seconda prova come scrittore, con un passato nelle associazioni umanitarie, dove ha lavorato come volontario, soprattutto nella ex Jugoslavia durante la guerra civile. Littel ha studiato per dieci anni tutta la documentazione esistente sull’Olocausto prima di iniziare a scrivere il suo libro in francese, vincendo il Prix Goncourt e il Grand prix du roman de l'Académie française 2006. Dal punto di vista storico il romanzo è accurato a tal punto che persino lo storico Claude Lanzmann, autore del documentario Shoah (edito in DVD da Einaudi) ha ammesso che Le benevole racconta in maniera accurata e il genocidio messo in opera dai nazisti. Ricordiamo che Lanzmann, come lo stesso Primo Levi, sostiene la tesi che l’arte non è in grado di raccontare l’Olocausto. Ogni tentativo di affrontare il genocidio degli ebrei è pertanto una speculazione artistica rivoltante da rigettare in toto. È per tale motivo che egli ha stroncato sia Schindler’s List di Spielberg che Il Pianista di Polanski.

Il titolo del libro si riallaccia alla mitologia greca e in particolare all’Orestea di Eschilo. Oreste, perseguitato dalle Erinni per avere assassinato la madre, si rifugia ad Atene. Qui riesce a convincere le Erinni che vogliono vendicare la morte di Clitennestra a diventare Eumenidi, cioè benevole (dal greco euméneia, ovvero benevolenza). Non più dee della vendetta ma custodi della giustizia. È chiara l’identificazione di Max Aue con Oreste. Come lui egli è spinto dal cupo risentimento familiare a commettere efferati crimini contro l’umanità. E tuttavia, anche lui come Oreste, non verrà punito per i suoi peccati se non dal doloroso rimorso instillatogli dalle Benevole.

Riepilogare in poche righe tutti gli eventi descritti con furore ne Le benevole è un’impresa ardua, tale e tanta è la mole di informazioni contenuta nel libro. La lettura richiede molta pazienza e coraggio, giacché Littel non distoglie lo sguardo di fronte agli episodi più atroci ma al contrario li descrive con una minuzia di particolari, destinati a provocare raccapriccio nel lettore. Il romanzo è diviso in sette parti, distinte con i nomi di sette movimenti musicali. Nei prossimi giorni racconterò la storia de Le benevole capitolo per capitolo.

lunedì 19 novembre 2007

Nodo di sangue

Laurell K. Hamilton
Tea, 2003
Pag. 338 Euro 8,60

“Sono la Sterminatrice, e io, coi vampiri, non ci esco. Io li ammazzo.”

Alla ricerca di informazioni su Elizabeth Kostova mi sono imbattuto in un blog nel quale si parlava in maniera entusiastica di Laurell K. Hamilton e della sua saga che ha come protagonista Anita Blake, di professione sterminatrice di vampiri.
Confesso che fino a qualche mese fa ignoravo la presenza di questa scrittrice di genere che invece nel web ha un mucchio di sostenitori. Laurell è nata in Arkansas e ha esordito in patria nel 1992 con Guilty Pleasures (in italiano Nodo di sangue), il libro nel quale appare per la prima volta la sua creazione più celebre, Anita per l’appunto, divenuta protagonista di ben 15 romanzi, molti dei quali già tradotti anche in Italia da Tea.
Incuriosito sono uscito dal lavoro, ho imboccato la prima libreria sotto casa e ho acquistato in economica proprio Nodo di sangue, mentre accanto a me c’era un ragazzo che gioiva per l’uscita de Il tocco della notte (Nord) un’altra serie che ha come protagonista Meredith Gentry, investigatrice del sovrannaturale.

Il pregio principale della Hamilton consiste nell’avere creato un mondo ex novo, popolato di una cosmogonia di personaggi. Le sue storie di vampiri si svolgono quasi tutte a St. Louis nel Missouri, città nella quale vive l’autrice, dove la Blake, una 25enne tosta e senza peli sulla lingua lavora per la Animators Inc. Dietro compenso ella resuscita i morti e uccide i vampiri fuorilegge.
La prima novità consiste nel fatto che la scrittrice immagina un paese in cui i succhia sangue siano integrati con gli esseri umani e “legalizzati”, seppure entro un certo limite. È proprio un vampiro che in una calda mattina di luglio fa una strana proposta alla nostra eroina: occuparsi di un serial killer che sta sterminando i vampiri. Anita all’inizio non accetta ma poi è costretta a indagare quando la sua amica Catherine è ipnotizzata da un potente Master (un vampiro con più di un secolo sulle spalle), l’affascinante Jean-Claude, proprietario del Guilty Pleasures, il locale dove i vampiri della città si esibiscono, che minaccia di vampirizzarla se non si occuperà del caso.
Costretta a ubbidire, Anita inizia un’indagine (non troppo complessa a dire il vero) che la porta a contatto con una cosmogonia di personaggi bizarri: c’è Philip, un junkie che ama farsi succhiare, Edward, un killer ammazza vampiri assetato di sangue, Nikolaos, una tredicenne letale, madre di tutti i vampiri di St. Louis e, per non farsi mancare nulla, anche dei ratti mannari.
Più che la trama ciò che conta è l’universo di freaks creato dalla Hamilton e lo stile con il quale essi vengono presentati. Ci va giù pesante l’autrice, con un linguaggio colorito e descrizioni grand guignolesche che somigliano alle vignette di un fumetto pulp piuttosto che a letteratura, seppure di genere. Non a caso dalle avventure della Blake la Marvel ha anche tratto una serie a fumetti, inedita in Italia. Divertente e nulla più.

Il sito di Laurell K. Hamilton
Il sito di Anita Blake

martedì 13 novembre 2007

I ragazzi venuti dal Brasile

Ira Levin
1975, Oscar Mondadori
pag. 265, Euro 7,80
Traduzione: Adriana Dell’Orto

"La missione deve essere compiuta" disse l’uomo in bianco, cavando di tasca l’astuccio degli occhiali. "Quanto più completamente possibile, a ogni costo."

La scomparsa di Ira Levin, avvenuta lunedì, è passata sui nostri media sottotono. Ira Levin, scrittore di origini ebree pressoché misconosciuto in Italia, era nato a New York nel 1929. Dopo la laurea alla N.Y. University egli aveva esordito a soli 22 anni con il noir Un bacio prima di morire che ha conosciuto due versioni cinematografiche. Dopo avere accumulato esperienza come sceneggiatore televisivo, nel 1967 pubblicò quella che a tutt’oggi è considerata la sua opera migliore Rosemary’s baby Nastro rosso a New York (Oscar Mondadori, 2005) che Roman Polanski ha portato sullo schermo un anno. dopo ottenendo uno scioccante successo di critica e di pubblico. Tra i suoi lavori migliori ricordiamo anche La moglie perfetta (The Stepford’s Wives, 1972), un horror satirico trasportato sullo schermo per ben due volte, prima a opera di Bryan Forbes, poi nel 2004 per la regia di Frank Oz con Nicole Kidman nel ruolo della protagonista.

Il primo giudizio lusinghiero nei confronti di Levin l’ho letto nell’autobiografia di Roman Polanski, dove il regista polacco ammette di essere rimasto stregato Rosemary's Baby che lesse tutto d’un fiato in una notte. Un secondo commento entusiasta l’ho poi riscontrato in Danse Macabre (Sperling & Kupfer, 2006) di Stephen King. Nelle sue riflessioni sulla letteratura di genere il Re esprime la sua ammirazione per Levin e i suoi romanzi, definiti meccanismi perfetti, congegnati da un orologiaio svizzero. Tuttavia, imbattersi in libreria nei romanzi di Levin è un’impresa ardua. Ecco perché la ristampa in economica de I Ragazzi venuti dal Brasile è un’occasione per scoprire questo scrittore in una delle sue prove migliori, anch’essa trasposta sullo schermo nel 1978 in un celebre thriller di Franklin J. Schaffner con Gregory Peck, Laurence Olivier e James Mason.
Il romanzo, di sole 265 pagine, è incentrato su due personaggi, il dott. Joseph Mangele, l’Angelo della morte di Auschvitz, tristemente noto per i suoi esperimenti sui deportati, e Yakov Liebermann, un sessantacinquenne ebreo, cacciatore di nazisti, modellato sulla figura di Simon Wiesenthal.

Nel libro, scritto nel 1976, s’immagina che Mengele, rifugiatosi in Paraguay dopo la fine del conflitto, organizzi un piano assieme a un gruppo di ex nazisti che prevede l’eliminazione fisica di 94 pensionati sparsi per il mondo. Lieberman viene a conoscenza del progetto per caso e inizia la sua caccia all’uomo cercando di scoprire perché Mengele voglia uccidere queste persone del tutto innocue, ognuna in apparenza senza alcun legame con l’altra. La verità è che il dottore ha ricreato geneticamente in laboratorio le condizioni per fare rinascere nientemeno che Adolf Hitler. 94 famiglie hanno adottato un neonato ignare di ciò e per ricreare le condizioni ambientali in cui visse l’adolescente Fürher è necessario che il padre muoia di morte accidentale.
Levin anticipa un tema, quello della clonazione, divenuto di moda circa trent’anni dopo, dimostrandosi non solo profetico ma attrezzato scientificamente per sostenere una tesi che, negli anni ’70, era davvero poco plausibile.
La struttura narrativa del romanzo, concentrata in soli 8 capitoli, alterna come in una partita a scacchi le mosse del protagonista (Liebermann) con quelle del suo antagonista (Mengele), fino all’inevitabile confronto finale in un crescendo di suspense. Se è vera la massima di Alfred Hitchcock secondo la quale “più è riuscito il cattivo, più è riuscito il film”, allora I Ragazzi venuti dal Brasile deve la sua riuscita proprio al modo in cui l’autore tratteggia Joseph Mengele. Folgorante l’avvio nel quale questo signore elegante, vestito di bianco e dai modi cortesi, si trasforma impercettibilmente in una belva nel corso di quella che sembra un'innocua cena tra amici in un ristorante giapponese.
Un libro da riscoprire che vi consiglio caldamente.

La biografia di Ira Levin su Wikipedia

lunedì 5 novembre 2007

Twilight

Stephenie Meyer
2006, Lain Fazi Editore
pag. 412, Euro 16.50
Traduzione: Luca Fusari

"Di tre cose ero del tutto certa.
Primo, Edward era un vampiro.
Secondo, una parte di lui - chissà quale e quanto importante - aveva sete del mio sangue.
Terzo. ero totalmente, incondizionatamente innamorata di lui."

Ho adocchiato per la prima volta questo libro l’estate di un paio d’anni fa, quando due colleghe di redazione lo stavano leggendo.In seguito me ne hanno parlato bene e mi sono ripromesso di prenderlo. L’occasione è giunta un mese fa. Ero alla ricerca di un titolo accattivante da regalare a mia figlia Chiara che ha quattordici anni. Nel frattempo Twilight, scritto dall'esordiente americana Stephenie Meyer, era divenuto un fenomeno letterario sopratutto tra gli adolescenti e mi sono fidato dei commenti che avevo letto su internet bookshop, dove a oggi si contano oltre 300 pagine di discussione su questo titolo. Mia figlia ha divorato il libro in un paio di giorni e mi ha ordinato di leggerlo immediatamente, cosa che ho fatto con estremo piacere, dato che non è cosa di tutti i giorni ricevere suggerimenti letterari dalla propria prole. Inoltre c’erano due aspetti di Twilight che m’interessavano. Innanzitutto ha come protagonisti dei vampiri, in secondo luogo l’ambientazione è contemporanea.

Isabella Swan, una diciassettenne malinconica e imbranata, lascia l’assolata Phoenix in Arizona e si trasferisce per tutto l’anno scolastico dal padre a Forks (i genitori sono divorziati), una cittadina piovosa vicino a Seattle.
Il contatto con il nuovo ambiente non è dei migliori. A Forks piove quasi tutti i giorni, il sole fa capolino di rado, e la scuola è composta da ragazzi un po’ snob. In particolare l’attenzione della giovane cade su Edward, un bel tenebroso che frequenta solo i suoi fratelli maggiori ed evita i contatti con gli altri studenti. Bella è attratta irresistibilmente da lui ma quest’ultimo sembra schivarla. Tale ostilità è dovuta al fatto che Edward è un vampiro e non vuole fare del male alla ragazza della quale si è innamorato a prima vista. Vincendo le reciproche diffidenze i due, dopo un corteggiamento conflittuale, si mettono insieme ma l’unione si rivela subito problematica, poiché Edward ama Bella e non vuole farle del male. Tuttavia il vampiro è addestrato a resistere alla tentazione del sangue umano. Ogni tanto va a cacciare qualche animale nella foresta assieme ai fratelli e al padre adottivo (che di professione è un medico!) e placa così la sua sete di sangue. I guai non tardano ad arrivare quando in città giungono dei vampiri cacciatori, uno dei quali ha intenzione di cibarsi del boccone più prelibato, Emma naturalmente...

Cosa ha reso questo libro così popolare tra gli adolescenti è presto detto: la storia d’amore tra i due protagonisti, peraltro proseguita con due sequel New Moon e Eclipse, quest’ultimo di prossima pubblicazione in Italia. Twilight, infatti, è un melò con delle venature horror. In questo libro del mito dei vampiri che ogni appassionato ha imparato a conoscere leggendo Bram Stoker o Anna Rice c’è ben poco. La Meyer, infatti, rivisita la leggenda in maniera arbitraria e si concede delle libertà narrative audaci e inverosimili. I vampiri possono girare indisturbati di giorno, non si eccitano alla vista del sangue, sono immuni al crocifisso, non c’è un Van Helsing che li può danneggiare, insomma sono dei super eroi romantici e dark. Di suspense nemmeno a parlarne; fatta eccezione per le ultime ottanta pagine, Twilight si dipana in lunghe ed estenuanti divagazioni romantiche da innamorati alle prime armi e fa rimpiangere il delirante stile di Laurell K. Hamilton, zeppo di emoglobina, squartamenti e immaginifiche creature millenarie. Ed è proprio la lettura che ho consigliato a Chiara... :-)

Il sito di Stephenie Meyer

Il Fan club ufficiale