martedì 17 giugno 2008

Il fantasma di Stalin

Martin Cruz Smith
Mondadori, 2008
pp 345, Euro: 19,00
Traduzione: Maria Giulia Castagnone

Se c'è un noir che ha segnato la narrativa degli anni '80 questo è senza dubbio Gorky Park (1981), scritto dall'allora esordiente Martin Cruz Smith. Ricordo di averlo letto in una sola notte, ipnotizzato dalla trama avvincente e dall'ambientazione (una Mosca sovietica in piena era brezneviana) di cui noi occidentali sapevamo ben poco. In quel libro, sullo sfondo di una metropoli gelida e decadente, avvolta da misteri e segreti ben censurati dal KGB, si muoveva un nuovo anti eroe, Arkady Renko, ispettore capo della omicidi, alla ricerca del responsabile di una serie di efferati delitti.
Il romanzo divenne meritatamente un best seller e portò gloria e fortuna a Smith il quale decise di continuare le avventure di Renko in altri lavori, segnatamente Stella Polare (1989), Red Square (1992), Havana (1999) e Lupo mangia cane (2004).
Il fantasma di Stalin segna il ritorno del detective Renko, un uomo ormai stanco e disilluso, costretto ad indagare su una singolare apparizione, quella del feroce dittatore russo nella metropolitana di Mosca. E' in corso un'accesa campagna elettorale e l'uomo forte adorato dai suoi compatiotri è l'eroe di guerra Nikolai Isakov, un ex comandante dei Berretti Neri, reduce dalla guerra civile in Cecenia. Quest'ultimo è disposto a tutto pur di essere eletto e quando Renko si mette sulla sua strada inizia un gioco crudele tra il militare e il poliziotto ficcanaso.
Stavolta Cruz Smith non convince: la trama è fiacca, i personaggi inconsistenti e l'ambientazione ci presenta una Russia corrotta che già abbiamo conosciuto in numerosi film e reportage televisivi. Anche Renko appare catatonico, privo di qualsiasi charme, senza alcuno spessore psicologico. L'autore peggiora le cose alternando la storia ad una serie di flashback dai risvolti freudiani, incentrati sul padre del protagonista, un generale dell'Armata rossa che con il suo comportamento spietato ha forgiato il carattere di Renko. Un mezzo pasticcio.

martedì 3 giugno 2008

Le sparizioni

Scott Heim
Edizioni: Neri Pozza Bloom
pp 320, Euro 17,00
traduzione dall'inglese di Luca Briasco

In Kansas viene ritrovato un ragazzo scomparso. È morto, il corpo gettato in un campo. L’omicidio ossessiona una vedova nel crepuscolo della vita, Donna, e risveglia la memoria travagliata e paradossalmente malinconica del suo passato, delle sue ossessioni. Donna è stata rapita da bambina, e in quella sparizione si cela il momento magico della sua esistenza, una parentesi di affetto e dolcezza, di intensità e desiderio che ha lasciato in lei il rimpianto di un paradiso perduto. E quell’esperienza l’ha segnata in molti modi, le ha trasmesso il gusto morboso di seguire le sparizioni dei bambini, i rapimenti, i traumi delle famiglie distrutte dalla violenza di una scomparsa improvvisa. Questa passione le fa leggere avidamente le storie sui giornali, collezionare articoli, foto, ogni dettaglio, ed è stata a lungo un segreto, un’ossessione e uno strano gioco condiviso con il figlio Scott, ormai adulto, che vive a New York, a sua volta tormentato da un’oscurità persistente, alleggerita solo dalle droghe, dalle pillole per dormire.
Un giorno Scott decide di tornare in Kansas per aiutare la madre gravemente malata, per sostenerla nella sua volontà di scrivere un libro sui bambini scomparsi e ravvivare ancora quel loro «hobby». Ma una volta nella casa della sua infanzia il figlio troverà qualcosa di diverso, e di terribile.
Nel seminterrato Scott scopre una stanza segreta che non ricordava, e dentro, ammanettato, un ragazzo…
Un romanzo scritto come un noir classico, nitido e minuzioso, amaro e rovente, colmo di mistero e di inquietudine. Allo stesso tempo una anatomia lacerante di una famiglia di oggi, invischiata nelle emozioni, nei silenzi, nella ritrosia delle cose mai dette che pesano come macigni su un amore invincibile, travagliato e tenace, quello tra madre e figlio. Con la poesia struggente e inquieta di un’infanzia che si prolunga nell’età adulta, senza mai sbocciare veramente nel fiore della felicità.

Scott Heim è nato a Hutchinson, Kansas, nel 1966. Ha esordito nel 1995 con Mysterious Skin, un romanzo di culto ristampato in decine di edizioni e trasposto al cinema da Gregg Araki nel 2004, in un film presentato alla Mostra del cinema di Venezia con grande successo critico e di pubblico. Nel 1997 è uscito In Awe, e per dieci anni Heim ha lavorato a Le sparizioni, che è uscito nel febbraio 2008 negli Stati Uniti.


Hanno scritto:

Uno degli autori che cambieranno il corso della letteratura contemporanea».
New York Times

«Originale e smagliante, un thriller splendido, pieno di tensione, meravigliosamente riuscito, una scrittura degna di Paul Auster».
Publishers Weekly

«Scott Heim lavora sui detriti fantastici di una generazione senza qualità non per creare un inutile e ridondante effetto di verosimiglianza, ma per sollecitarne, in maniera poetica, una straripante energia simbolica».
Emanuele Trevi, Il manifesto

«Scott Heim è giudicato dai massimi recensori americani uno degli attuali giovani scrittori piú dotati e promettenti».
La Repubblica

lunedì 2 giugno 2008

L'estate dei morti viventi

di Lindqvist John Ajivide
Edizioni: Marsilio
pp. 384 , Euro 17,50
traduzione di G. Puleo

«Perché camminava in punta di piedi se era una cosa così ridicola? Perché l’impossibile esiste al limite estremo dell’esistenza. Il più piccolo movimento sbagliato, il minimo disturbo e può succedere qualcosa. Il ridicolo può trasformarsi in qualcosa di terribile.»

«Un capolavoro. Uno dei pochi libri che fa veramente capire al lettore cos’è la morte. E che i morti bisogna lasciarli in pace» Horace Engdahl, segretario permanente del Comitato per il Premio Nobel

«Lo Stephen King svedese. Impossibile smettere di leggerlo» AMELIA

Stoccolma è sull’orlo del caos. Dopo un’ondata di caldo torrido, in città si è creato un campo elettrico di grande intensità: le luci non si spengono, gli apparecchi elettrici non si fermano, i motori continuano a girare. E mentre nell’aria si avvertono strani ronzii, si scatena una violenta emicrania collettiva.
È un ubriaco a vedere per primo una minuscola larva bianca che come uno spirito penetra il marmo di una lapide. Poco dopo, si diffonde la notizia che negli obitori i morti si stanno risvegliando.
La prospettiva di ritrovare i «cari estinti» scatena le reazioni più disparate in una società che fa di normalità e consuetudine il proprio paradigma, ora improvvisamente sconvolta da un fenomeno incomprensibile. E così, tra tanti, un vecchio giornalista corre a disseppellire il nipotino; un’anziana signora riceve una visita alquanto insolita in piena notte; un uomo disperato è convinto di poter riavere la moglie.
Ma quando i morti tornano, cosa vogliono? Quello che desiderano tutti: tornare a casa. E riaverli con sé, non è esattamente come ci si aspettava.
Scrittore horror di originale talento nel panorama letterario nordico, John Ajvide Lindqvist racconta una storia emozionante sulle nostre paure più grandi e l’amore che sfida la morte. Perché alla fine, è proprio d’amore che si tratta, della capacità di lasciare i morti al luogo cui appartengono, trattenendoli soltanto nei nostri ricordi. «Ed è lì che devono restare, da nessun’altra parte.»

John Ajvide Lindqvist è nato in Svezia nel 1968 ed è cresciuto a Blackeberg, sobborgo di Stoccolma. Ha fatto per anni il prestigiatore, è autore televisivo, di sceneggiature e testi teatrali. Di Lindqvist, Marsilio ha pubblicato Lasciami entrare, best-seller in patria e tradotto in dodici lingue, da cui è stato tratto un film con la regia di Tomas Alfredsson, vincitore del Nordic Film Prize, presentato all’edizione 2008 del Tribeca Film Festival di New York.