sabato 24 gennaio 2009

Shantaram

di Gregory David Roberts
Traduzione di Vincenzo Mingiardi
Pp. 1174, Euro 23,00

"Perché la vita è così. Procediamo a piccoli passi. Rialziamo la testa e torniamo ad affrontare il volto feroce e sorridente del mondo. Pensiamo. Agiamo. Sentiamo. Diamo il nostro piccolo contributo alle maree del bene e del male che inondano e prosciugano la terra."

Sterminato. Debordante ma incompiuto. Straordinario. Questi e molti aggettivi in più meriterebbe l'opera di Gregory David Roberts.
Ci sono scrittori che descrivono mondi immaginari al calduccio nelle loro case e altri che si sporcano le mani e sanguinano sulle strade per lungo tempo prima di prendere carta e penna. Questo è il caso di Roberts, una vita che sembra uscita da un romanzo d'appendice e che invece è vera e vissuta.
Professore di filosofia in Australia l'autore viene abbandonato dalla moglie, perde la figlia e cade in un vortice di depressione che lo porta alla droga. Per procurarsi la sua dose quotidiana di eroina Roberts inizia a rubare fino a quando non viene arrestato dalla polizia e condannato a diversi anni di galera. Dopo avere superato enormi sofferenze l'autore riesce a fuggire dal carcere e si rifugia a Bombay, città con 19 milioni di abitanti, multietnica e multireligiosa. Nel caos della città indiana Mr. Lin, così è ribattezzato dal suo amico indiano Prabaker, va a vivere in uno slum di cui diventa ben presto il medico. L'amore per la sofisticata Karla, una svizzera emigrata in India dove conduce affari con gli stranieri, lo fa entrare in contatto con la mafia di Bombay. Mr. Lin, soprannominato Shantaram, ovvero l'uomo della pace, diventa uno degli uomini di fiducia di Khaderbai, il boss della città, un uomo dalla personalità magnetica che affascina il protagonista il quale lo elegge a proprio mentore. Per lui Mr. Lin intraprenderà un pericoloso viaggio nell'Afganistan occupato dai sovietici, per lui compirà crimini orribili per delle azioni giuste.

Shantaram è un epopea fluviale, popolata da una miriade di personaggi, suddivisa in linea di massima in quattro parti. Nella prima si narra dell'arrivo di Lin a Bombay, della sua amicizia con Prabaker e della sua esperienza nello slum. E' questa la parte più convincente del romanzo, nella quale Roberts descrive le condizioni miserevoli dei poveri ma allo stesso tempo la loro cordialità e tolleranza.
Nella seconda parte lo scrittore narra l'ascesa al successo del protagonista grazie ai suoi contatti con la mafia. Qui prendono corpo tre sotto trame, una riguardante un feroce serial killer, Sapna, che compie orribili delitti tra i partecipanti della cupola, la seconda che coinvolge l'equivoca Madame Zhou, tenutaria del più grande bordello di Bombay e acerrima nemica di Karla per motivi misteriosi, l'ultima che vede Mr. Lin arrestato e detenuto in una orribile prigione per quattro mesi.
La terza parte è dedicata alla missione in Afganistan, narrata con un respiro epico che oserei definire kiplinghiano.
L'ultima parte, infine, narra il ritorno a casa e la guerra tra bande mafiose per accaparrarsi il controllo della città.

In una trama così vasta e ambiziosa non tutto è riuscito. Il ritmo narrativo alterna pagine eccitanti a altre più confuse ma la miriade di personaggi descritti, tutti interessanti, tiene sempre desta l'attenzione del lettore.
Il libro miscela toni romantici e melodrammatici, come nel caso della storia d'amore tra Karla e Mr. Lin, a altri decisamente noir. Uno stile rutilante ed eccessivo che ricorda i film di Bollywood che tanto hanno influenzato Roberts, dato che tra i suoi innumerevoli lavori c'è anche quello di coproduttore di pellicole indiane.
La cosa che più mi affascina e sconcerta è come sia stato possibile che un uomo violento e in apparenz rozzo (l'autore è un culturista con tanto di treccia bionda alle spalle, che va in giro su una royal enfield da gunda, tutto vestito di nero) possa avere scritto delle pagine così intense, dotate di una sensibilità rara che ti colpisce al cuore. Questi sono davvero i misteri insondabili del genio...

L'autore parla della sua opera



Indian Words
Il blog dedicato alla letteratura indiana di Silvia Merialdo. Un'analisi completa di Shantaram.

martedì 6 gennaio 2009

La ragazza che giocava con il fuoco

di Stieg Larsson
Marsilio, 2008
Traduzione: Carmen Giorgetti Cima
Pp. 754, Euro 19,50

"Era legata con cinghie di cuoio a una stretta branda con il telaio in acciaio. Le cinghie tese sopra il torace premevano. Era stesa sulla schiena. Le mani bloccate all'altezza dei fianchi."

Ecco la seconda perla di una trilogia, la Millenium Trilogy, nata dalla mente del giornalista Stieg Larsson, prematuramente scomparso a soli 50 anni.
Dopo avere presentato in Uomini che odiano le donne due indimenticabili personaggi, rispettivamente Mikael Blomvkist, giornalista, e Lisbeth Salander, hacker disadattata, ne La ragazza che gioca con il fuoco l'autore approfondisce le due personalità mettendole di fronte a un nuovo caso investigativo. Stavolta a essere nei guai è la giovane Lisbeth, accusata di un triplice omicidio e perseguitata dalla polizia. L'unico a credere nella sua innocenza è proprio Blomvkist che inizia una contro indagine tesa a scovare il reale responsabile degli omicidi di due giornalisti e di un equivoco avvocato, tutore di Lisbeth, con strane preferenze sessuali.
Lo stile di Larsson è sempre incalzante e la trama appassionante, anche se la struttura narrativa dell'intreccio non è così coesa come nel primo episodio. Tuttavia è davvero appagante ritrovare dei personaggi a noi ormai cari, così ben costruiti che sembrano davvero vivere di una vita propria.