lunedì 5 novembre 2012

Agente 007, Skyfall

Il 23esimo episodio della saga più longeva del cinema è, inaspettatamente il migliore della serie. Non c'era dunque occasione migliore per festeggiare il 50esimo anniversario dall'uscita di Licenza d'uccidere. Skyfall è la rinascita della rinascita di James Bond. Con Casinò Royale Barbara Broccoli e Michael G. Wilson avevano effettuato un primo reboot del personaggio recuperando l'unico libro di Ian Fleming, il primo per l'esattezza, a non essere stato mai portato sullo schermo, fatta eccezione per l'innocua parodia del 1963 e per l'episodio Tv degli anni '50. La scelta poi di Daniel Craig come nuovo interprete si era rivelata azzeccata nonostante i mugugni dei fan. Il risultato era stato lusinghiero, sia sotto l'aspetto economico che quello critico. La pellicola presentava un Bond inedito, rude e brutale, dannatamente vicino al personaggio fleminghiano piuttosto che a quello glamour di Roger Moore e Pierce Brosnan. Con Skyfall, però, il team ideativo è andato oltre ogni aspettativa presentando un personaggio sideralmente lontano dall'eroe indistruttibile che eravamo abituati a vedere. Skyfall è innovativo sotto ogni punto di vista. Innanzitutto alla regia troviamo per la prima volta un autore cinematografico e non un regista. Sam Mendes, premio Oscar per American Beauty e candidato per Revolutionary Road, è un maestro nell'indagare le coscienze sofferte dei suoi protagonsiti, molto a suo agio in una dimensione intimistica e drammaturgicamente forte. Gli abituali sceneggiatori Neal Purvis e Robert Wade sono poi affiancati da John Logan, famoso per la sceneggiatura de Il Gladiatore, The Aviator e Hugo Cabret. Questo team ha deciso di presentare 007 sotto una luce autentica e inedita, quella cioè di un uomo stropicciato dal tempo, perseguitato dai suoi demoni infantili irrisolti, ormai prossimo a essere accantonato dall'MI6 per il troppo stress accumulato nel tempo. Un nuovo mondo, fatto di nemici che operano nell'ombra, richiede uno staff governativo giovane per affrontare terroristi internazionali e cibernetici. Così, anche per M sì avvicina la pensione: ella ha solo due mesi di tempo per scoprire chi sia il responsabile di una strage compiuta nel cuore di Londra, proprio nella sede dell'MI6, prima di essere sostituita dall'ambiguo Gareth Mallory (interpretato da Ralph Fiennes). Accorre in suo aiuto James Bond, dato per morto dopo una missione a Istanbul. In realtà il nostro si è rifugiato in un paesino sul mare alla ricerca di se stesso e decide di rientrare in servizio proprio per aiutare il suo principale, considerato alla stregua di una madre adottiva. Il villain da sconfiggere è il letale Silva, interpretato con soave ferocia da una grande Javier Bardem, un ex agente inglese di origine spagnola venduto al nemico proprio da M. Il suo obiettivo è vendicarsi di M, la Big Mama responsabile del tradimento e delle sue conseguenti sofferenze fisiche e psicologiche. In un mondo dominato dall'alta tecnologia come può districarsi un uomo abituato a operare sul campo e non dietro al monitor di un computer? Il giovanissimo Q, un nerd informatico, ridicolizza 007 in una sequenza nella quale lo paragona a una nave da guerra in disuso destinata alla rottamazione. Tuttavia l'eroe dimostrerà coi fatti che c'è ancora bisogno di lui e che le cose fatte "alla vecchia maniera" certe volte sono ancora le migliori. In un terzo atto strepitoso per intensità drammaturgica, Bond tornerà alle origini della sua infanzia, tuffandosi in un abisso di malinconia per riemergere (forse) ancora più duro di prima. Non è un bene raccontare la vicenda nel dettaglio per non sciupare il piacere della visione allo spettatore. Skyfall è la dimostrazione di come un cinema d'intrattenimento a volte possa sublimarsi in un'opera d'arte. La fotografia del veterano Roger Deakins (tra le sue opere Il Grande Lebowski, Non è un paese per vecchi e Il Grinta) contrappone una prima parte del film fatta di luci fredde e tecnologiche, a una seconda più cupa e dominata dai grigi e dai verdi. Il montaggio di Stuart Baird garantisce un ritmo implacabile alla vicenda mentre le location passano dal bazaar caotico di Istanbul a una Shangai esotica e tentacolare fino a una Londra piovosa e spettrale per terminare in una magione diroccata nella brughiera scozzese. Da applausi il cast, da Judi Dench, gelida e materna M, a un Bardem in stato di grazia, senza dimenticare Ben Wishaw nei panni di Q, Ralph Fiennes in quelli di Mallory e il veterano Albert Finney nel ruolo di un guardacaccia Per tutti gli amanti di Bond un avvertimento: questo film segna la distruzione di un mito e la rinascita di un nuovo eroe. Regia Sam Mendes Sceneggiatura: Neal Purvis, Robert Wade, John Logan Fotografia: Roger Deakins Montaggio: Stuart Baird Durata: 143 Con: Daniel Craig, Judi Denche, Ralph Fiennes, Javier Barde, Albert Finnery, Ben Wishaw

venerdì 10 febbraio 2012

DRIVE

In una Los Angeles assolata un uomo sopravvive facendo il driver. E' un guidatore sui generis, che accompagna i ladri sul luogo della rapina e li attende per soli cinque minuti. Se entro quel breve lasso di tempo i malviventi non fanno ritorno egli si dilegua nel nulla. In caso contrario è disposto a scortarli in salvo. Il ragazzo è un asso della guida. Di giorno arrotonda facendo lo stunt man e il meccanico. E' un solitario, che s'affeziona alla sua vicina di casa, una giovane madre single con il marito in galera. Quando quest'ultimo viene scarcerato e torna a casa porta con sé un mucchio di guai, mettendo in pericolo la donna e il suo bambino. Ma il driver è disposto a tutto pur di salvare la ragazza e si caccia in un affare molto pericoloso dal quale risulterà estremamente difficile uscire...
Il regista danese Nicolas Winding Refn ha al suo attivo varie pellicole tra cui Vallhala rising, molto apprezzato ai festival di tutto il mondo. Al suo esordio a Hollywood egli sceglie il romanzo di James Sallis per realizzare un noir spietato e romantico, caratterizzato da punte di violenza parossistica che giungono inaspettate e colpiscono lo spettatore allo stomaco. L'algida messa in scena ha il suo punto di forza nelle immagini di una Los Angeles inedita, ripresa anche dall'alto con delle ipnotiche panoramiche.
Vedendo il film mi sono ricordato di un poliziesco del 1967, firmato dall'inglese John Boorman, Senza un attimo di tregua (Point blank), con Lee Marvin nei panni di un misterioso figuro alla ricerca di un'ingente somma di denaro che gli è stata rubata. Anche in quella pellicola, diretta guarda caso da un europeo, c'era la medesima rappresentazione di una Los Angeles disumana e desolata nella quale si muoveva come un automa il suo protagonista. E come una sorta di autistico si aggira con la sua auto il driver di questa nuova storia cui presta il volto l'emergente (e bravissimo) Ryan Gosling.
Gran premio alla regia al Festival di Cannes 2011.

Drive
Di Nicolas Winding Refn
Con Ryan Gosling, Carey Mulligan, Albert Brooks, Ron Perlman
Durata: 100'

martedì 7 febbraio 2012

LA TALPA

Confesso di non riuscire ad apprezzare fino in fondo John Le Carré, un autore considerato dalla stampa britannica alla stregua di Graham Greene. A mio modesto avviso tra i due non c'è partita. Entrambi affrontano nelle loro opere gli intrighi spionistici ma Greene è scrittore di razza e i suoi lavori sono permeati di romanticismo. Inoltre, essi inscenano un dibattito interiore autentico, permeato di sensi di colpa e di un rapporto conflittuale col sacro che solo un cattolico (per di più inglese) può avere. In John Le Carré è, invece, totalmente assente la passione. I suoi romanzi si avvalgono di una struttura narrativa geometrica dove i sentimenti dei personaggi risultano ingabbiati dalle convenzioni in un decoro algido, tipicamente britannico. La casa Russia, Il giardiniere tenace, Il sarto di Panama, sono solo alcuni dei suoi lavori più celebri, portati sullo schermo in versioni contraddittorie. Adesso è la volta de La talpa, il romanzo che nel 1973 lo lanciò nell'empireo dei romanzieri inglesi più illustri. In realtà esisteva già una versione televisiva del romanzo con Alec Guiness nei panni del celebre George Smiley, un grigio impiegato del MI6 incaricato dal suo governo di scovare un infiltrato nelle fila dei servizi segreti britannici. L'episodio è ispirato alle note vicende che videro protagonista negli anni '60 Kim Philby, uno snob inglese passato al KGB.
Il titolo originario del libro Tinker, Taylor, Soldier, Spy fa riferimento ai nomi in codice dati ai quattro sospettati, rispettivamente, stagnino, sarto, soldato, spia. La versione cinematografica diretta dallo svedese Thomas Alfredson, già autore di Lasciami entrare, punta tutto sulla ricostruzione storica, davvero ineccepibile, restando fedele al complesso intreccio del romanzo. Ne consegue un intrigante affresco neorealista dei servizi britannici, molto lontano dai fasti alla James Bond di Ian Fleming.
Personalmente alla grigia routine degli impiegati statali preferisco il glamour inverosimile di Fleming. Questo La talpa, così come il romanzo di Le Carré, è di una noia mortale e non basta a risollevarci dal tedio la pur brillante interpretazione di Gary Oldman.

La talpa (Tinker, Taylor, Soldier, Spy)
Regia: Tomas Alfredson
Con: Gary Oldman, Colin Firth, John Hurt, Ciàran Hinds

venerdì 20 gennaio 2012

Il codice Rebecca

Ken Follett
Mondadori, 1980
Pag. 351, Euro: 9.50
Traduzione: P. Bonomi

Adoro le Storie ambientate durante la seconda guerra mondiale. Se poi ci sono spie, nazisti e tutto quello che ci si aspetta da un'ambientazione del genere tanto meglio. Amo i cliché ma mi rendo conto che si tratta di una mia perversione. Insomma non ritengo che ci sia niente di male nel godere leggendo un onesto libro di intrattenimento. Il codice Rebecca di Ken Follett possiede tutti i requisiti appena descritti.
La storia è ambientata nell'estate del 1942 in Nordafrica. Il generale Rommel sta dirigendosi trionfalmente verso l'Egitto. Nonostante le inferiori forze messe in campo egli può contare tuttavia su un aiuto prezioso dietro le linee nemiche, quello di Alex Wolff, una spia fuori dal comune. Egli, infatti, è per metà arabo e per metà tedesco e può contare su una vasta rete di amicizie a Il Cairo. Con la sua radio comunica a Rommel informazioni sul nemico servendosi di un codice la cui chiave è celata fra le pagine di Rebecca, il romanzo di Daphne Du Maurier. Sulle sue tracce c'è solo il maggiore Vandam del servizio segreto britannico. Questi inizia una tenace caccia all'uomo destinata a mettere in serio pericolo i suoi affetti piu' cari.
Scritto da Follett poco dopo La cruna del'ago, il suo primo best seller, Il codice Rebecca ne ricalca il plot, strutturato come una partita a scacchi tra il protagonista (inglese) e l'antagonista (tedesco). Lo scenario delle isole scozzesi battute dal vento è sostituito dall'assolato Egitto, carico di odori, storie e personaggi esotici.
Ma ne Il codice Rebecca c'è una maggiore sensualità, impersonata dalle donne del libro, la danzatrice del ventre Sonia e la mantenuta dal cuori d'oro Elene. Il romanzo è sostenuto da un buon ritmo anche se aleggia un forte senso di dejà vu. L'abilita di Follett è quella di riuscire a calare i suoi personaggi in un contesto storico estremamente realistico. La letteratura, però, è un'altra cosa...

mercoledì 4 gennaio 2012

THE DEBT

Rachel Singer, Stephan Gold e David Peretz sono tre agenti del Mossad israeliano idolatrati in patria. Essi, infatti, nel 1965 si sono resi protagonisti di un'azione eclatante. Infiltrati nella Berlino Est sono riusciti a rapire e giustiziare il chirurgo di Birkenau, il criminale nazista Vogel, che svolgeva tranquillamente la sua professione di ginecologo in città.
Nel 1997 Rachel si gode i meritati frutti del suo lavoro al servizio di Israele. Sua figlia è un'affermata giornalista e ha appena pubblicato la biografia della madre dove larga parte è dedicata proprio all'uccisione di Vogel, avvenuta per mano di Rachel.
Ma in quest'apparente normalità alcune inquietudini di Rachel sembrano suggerire che il passato sia un po' diverso da come è stato raccontato. A ciò si aggiunga che Peretz proprio in quei giorni si getta volontariamente sotto un camion e che l'ex marito di Rachel, Stephan, si fa vivo con la consorte per consegnarle un misterioso plico...

"Quando la leggenda è più grande della verità stampa la leggenda." Questa massima di John Ford citata nel memorabile "L'uomo che uccise Liberty Valance" si adatta bene al tema di The Debt, un potente thriller firmato da John Madden, già premio Oscar per "Shaekspeare in Love".
Sulla scorta di un film del 2007 dell'israeliano Assaf Bernstein, gli sceneggiatori Matthew Vaughn, Jane Goldman e Peter Straughan hanno realizzato un copione teso e avvincente dove il lavoro degli attori è essenziale per valorizzare questo dramma psicologico. Ogni protagonista è interpretato da due attori, uno per l'età giovane, l'altro per quella anziana. La bellissima e stupefacente Jessica Chastain (già vista in "The three of life" di Terence Malick) dà vita a una Rachel giovane, determinata e fragile al contempo, mentre la tormentata Helen Mirren è la sua alter ego trent'anni dopo.
Il fragile David Peretz è interpretato da Sam Worthington (già protagonista in "Avatar") e Ciaran Hinds, mentre il brutale e senza scrupoli Stephan ha le doppie sembianze di Marton Csokas (una presenza scenica poderosa) e Tom Wilkinson.
Nel complesso The Debt si rivela un film avvincente e sottovalutato, con qualche pecca nel sottofinale, ma sicuramente da riscoprire.

The Debt
Regia: John Madden
Con: Helen Mirren, Tom Wilkinson, Ciaran Hinds, Jessica Chastain, Sam Wortington, Martin Csokas