1975, Oscar Mondadori
pag. 265, Euro 7,80
Traduzione: Adriana Dell’Orto
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Il primo giudizio lusinghiero nei confronti di Levin l’ho letto nell’autobiografia di Roman Polanski, dove il regista polacco ammette di essere rimasto stregato Rosemary's Baby che lesse tutto d’un fiato in una notte. Un secondo commento entusiasta l’ho poi riscontrato in Danse Macabre (Sperling & Kupfer, 2006) di Stephen King. Nelle sue riflessioni sulla letteratura di genere il Re esprime la sua ammirazione per Levin e i suoi romanzi, definiti meccanismi perfetti, congegnati da un orologiaio svizzero. Tuttavia, imbattersi in libreria nei romanzi di Levin è un’impresa ardua. Ecco perché la ristampa in economica de I Ragazzi venuti dal Brasile è un’occasione per scoprire questo scrittore in una delle sue prove migliori, anch’essa trasposta sullo schermo nel 1978 in un celebre thriller di Franklin J. Schaffner con Gregory Peck, Laurence Olivier e James Mason.
Il romanzo, di sole 265 pagine, è incentrato su due personaggi, il dott. Joseph Mangele, l’Angelo della morte di Auschvitz, tristemente noto per i suoi esperimenti sui deportati, e Yakov Liebermann, un sessantacinquenne ebreo, cacciatore di nazisti, modellato sulla figura di Simon Wiesenthal.

Levin anticipa un tema, quello della clonazione, divenuto di moda circa trent’anni dopo, dimostrandosi non solo profetico ma attrezzato scientificamente per sostenere una tesi che, negli anni ’70, era davvero poco plausibile.
La struttura narrativa del romanzo, concentrata in soli 8 capitoli, alterna come in una partita a scacchi le mosse del protagonista (Liebermann) con quelle del suo antagonista (Mengele), fino all’inevitabile confronto finale in un crescendo di suspense. Se è vera la massima di Alfred Hitchcock secondo la quale “più è riuscito il cattivo, più è riuscito il film”, allora I Ragazzi venuti dal Brasile deve la sua riuscita proprio al modo in cui l’autore tratteggia Joseph Mengele. Folgorante l’avvio nel quale questo signore elegante, vestito di bianco e dai modi cortesi, si trasforma impercettibilmente in una belva nel corso di quella che sembra un'innocua cena tra amici in un ristorante giapponese.
Un libro da riscoprire che vi consiglio caldamente.
La biografia di Ira Levin su Wikipedia
1 commento:
l'ho letto da poco, trovato sul banco di un mercatino polveroso di libri usati... e mi ha davvero colpito. un romanzo bellissimo, e concordo con te sulla figura del cattivo, Mengele è il personaggio più riuscito, un cattivo che più cattivo non si può!
ciao
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